Lunedì 9 ottobre, nel 60esimo della tragedia, andrà in scena in contemporanea in 135 teatri e in centinaia di letture di comunità nelle scuole, nelle parrocchie, negli ospedali e nei quartieri che hanno aderito all’appello

“La storia del Vajont racconta non solo ciò che è accaduto sessant’anni fa, ma quello che potrebbe accadere a noi su scala diversa, in un tempo assai più breve”: chi parla è Marco Paolini, promotore di “VajontS 23, un racconto, cento racconti di acqua e futuro”, azione corale di teatro civile che la sera di lunedì 9 ottobre, nel 60esimo anniversario della tragedia che costò la vita a duemila persone, andrà in scena in contemporanea in 135 teatri e in centinaia di letture di comunità nelle scuole, nelle parrocchie, negli ospedali e nei quartieri che hanno aderito all’appello. Tutti si fermeranno simbolicamente alle 22.39, l’ora in cui la montagna -il Monte Toc- franò nella diga. In nome della memoria, è una mobilitazione che parla al futuro comune, chiede attenzione collettiva contro la sottovalutazione delle emergenze ambientali.

Punto di partenza è “Il racconto del Vajont”, il monologo di Paolini che ha fatto storia e che con la diretta televisiva del 9 ottobre 1997, a trentaquattro anni dal disastro, raggiunse milioni di italiani. Ora il racconto di quel che è accaduto, che non dipendeva dal Fato o dalla Natura maligna, riscritto dall’autore con Marco Martinelli, si moltiplica in un coro di tanti racconti per chiedere consapevolezza e prevenzione sui tanti Vajont possibili, perché quelle inerzie non si ripetano. Ma ogni gruppo teatrale sceglierà come usare quel testo, integrandolo con i disastri annunciati di questi decenni: dall’alluvione di Firenze del 1966 alle alluvioni del 1966 e del 2010 nel Veneto, dalla frana di Sarno del 1998 in Campania all’alluvione di maggio in Romagna, dalla valanga della Marmolada del 2022 agli incendi del Carso in Friuli, i casi di segnali ignorati o sottovalutati, negligenze e rischi mal calcolati sono infiniti.

Dallo Strehler di Milano ai Teatri Stabili di Veneto, Torino, Genova, Bolzano, Friuli Venezia Giulia, Sardegna, Umbria e Reggio Emilia fino alle piccole compagnie di provincia, ma quel che più conta in tanti punti di incontro, studio, lavoro e preghiera della penisola, ogni allestimento (o lettura) di “VajontS” si adatterà al territorio specifico, parlando di esperienze dirette e vicine.

Il seguito raccolto dall’iniziativa ha superato ogni previsione. Marco Paolini sarà tra le voci del Teatro Strehler con il sindaco Beppe Sala e Benedetta Tobagi, a Roma ci saranno tra gli altri Pietro Sermonti, Luca Zingaretti, Neri Marcorè, Barbora Bobulova e Isabella Ferrari, a Palermo Teresa Mannino in diretta su Radio2, a Genova Luca Bizzarri con Elisabetta Pozzi, a Padova il gruppo di Roberto Citran… Al Teatro Goldoni di Venezia la messa in scena con Ottavia Piccolo ha esaurito i posti in meno di due ore.

La lista dei partecipanti, attraverso l’Italia, comprende ancora Lella Costa e il geologo Mario Tozzi, Mario Brunello, Ascanio Celestini, Antonio Catania, Donatella Finocchiaro, Valerio Aprea, Alessandro Tiberi, troppi per citarli tutti, ma il passaparola determinante è quello dei ragazzi che si sono organizzati in proprio, intorno a insegnanti, parrocchie e comunità. La mappa completa delle iniziative e dei luoghi in cui “VajontS 23” andrà in scena è reperibile sul sito www.lafabbricadelmondo.org.

Dall’onda che travolse Erto, Casso e Longarone sono passati sessant’anni. “Un Vajont con la S al plurale- spiega Paolini- perché le situazioni di fragilità dell’Italia, la fragilità idrogeologica e le nuove situazioni di siccità a cui la crisi climatica ci espone, richiedono anche al teatro, all’arte in generale, di occupare un ruolo civile di colla sociale tra i cittadini”. È un coro, quindi, che chiama i cittadini senza fornire risposte tecniche, senza indicazioni politiche su cosa bisogna fare. “Non compete a noi la direzione politica, ma ci compete rimettere i cittadini di una Nazione in una presenza attiva di quello che chiamiamo protezione civile”.

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