A sessant’anni dalla tragedia, spettacolo al Galli con 12 compagnie sul palco. Un’orazione collettiva che accende i riflettori sui cambiamenti climatici.

Il ricordo a teatro. Trent’anni fa Marco Paolini diede voce e corpo al racconto della frana del Vajont, potente narrazione per palcoscenico e per la televisione di una tragedia che costò la vita a duemila persone. La sera di lunedì prossimo, a sessant’anni esatti da quel drammatico giorno, quel racconto diventerà VajontS 23, azione corale di teatro civile messa in scena in contemporanea in 130 teatri in tutta Italia e anche all’estero. Anche il Comune di Rimini e il teatro Galli hanno aderito al progetto voluto da Marco Paolini, lanciando a loro volta una chiamata a tutte le compagnie del territorio: hanno risposto 12 compagnie, per un totale di più di 20 artisti, che a partire dalle 21 sul palcoscenico del Galli daranno vita a un’orazione civile collettiva, con il coordinamento e la regia di Teodoro Bonci del Bene. Sarà un racconto allo stesso tempo unico e corale, seguendo la riscrittura del testo che Marco Paolini ha realizzato insieme al regista e drammaturgo del teatro delle Albe di Ravenna Marco Martinelli.

Il progetto rappresenta la prima forte espressione teatrale di quel percorso di condivisione avviato attraverso la candidatura di Rimini e la Romagna a capitale italiana della cultura per il 2026 e che per VajontS 23 vedrà il teatro riminese dialogare con alcune tra le principali istituzioni teatrali della Romagna che hanno aderito al progetto di Paolini, come Emilia Romagna teatro Ert Teatro nazionale a Cesena, Ravenna teatro e Accademia perduta a Forlì e Bagnacavallo. Con Vajonts 23 l’azione teatrale cambia la prospettiva: non è più ‘solo’ un racconto di memoria e di denuncia sociale, ma diventa una sveglia. La narrazione di quel che è accaduto si moltiplica in un coro di tanti racconti per richiamare l’attenzione su quel che potrebbe accadere. “Quella del Vajont – spiega Paolini – è la storia di un avvenimento che inizia lentamente e poi accelera. Si sono ignorati i segni e, quando si è presa coscienza, era troppo tardi. In tempo di crisi climatica, non si possono ripetere le inerzie, non possiamo permetterci di calcolare il rischio con l’ipotesi meno pericolosa tra tante”. VajontS 23 nasce come un canovaccio, con i teatri chiamati a modellare il racconto secondo la propria storia e le proprie peculiarità. Ci sarà chi lo metterà in scena integralmente, chi lo userà come uno spunto e lo legherà alle tante tragedie che si sono succedute dal 1963 a oggi: in Toscana l’alluvione di Firenze del 1966, in Piemonte si racconterà di quando il Po e il Tanaro esondarono nel 1994, in Veneto delle alluvioni del 1966 e del 2010, in Campania della frana di Sarno del 1998, in Friuli degli incendi del Carso nel 2022, in Alto Adige della valanga della Marmolada del 3 luglio del 2022. Infine, ultima per ordine di tempo, l’alluvione in Romagna. Attraverso questa azione teatrale, la Romagna trova ancora una volta l’occasione per compattarsi e lanciare un messaggio di rinascita anche attraverso il teatro.

“Noi sappiamo che il racconto smuove – spiega Teodoro Bonci Del Bene – Il racconto del Vajont può contenere altri rimandi che vanno al cuore di una crisi climatica sempre più strutturale”. Alle 22.39 l’azione si interromperà contemporaneamente in tutti i teatri coinvolti dal progetto, per ricordare in silenzio l’attimo della frana dal monte Toc nella diga.

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