Lo spettacolo in scena il 9 ottobre, in contemporanea in altri cento luoghi d’Italia. Sul palco romano anche Luca Zingaretti e Isabella Ferrari

Un coro unanime è pronto a scendere in campo. La sera di lunedì 9 ottobre — a 60 anni dalla tragedia della diga del Vajont che costò la vita a 1910 persone, tante furono le vittime stimate — oltre cento teatri della Penisola metteranno in scena il peggior disastro industriale della nostra storia. VajontS 23. Per un’orazione civile corale è il progetto teatrale di Marco Paolini e Gabriele Vacis che coinvolgerà in contemporanea anche scuole, chiese, centri civici, biblioteche, piazze di quartiere e centri parrocchiali. In tanti hanno risposto all’appello, con un’incredibile mobilitazione popolare e artistica.

Trentadue interpreti, da Barbora Bobulova a Luca Barbarossa

Da Luca Zingaretti a Barbora Bobulova, da Isabella Ferrari a Luca Barbarossa, sono alcuni dei trentadue interpreti pronti ad alternarsi sul palco del Brancaccio per ripercorrere la storia del Vajont riscritta 25 anni dopo il racconto televisivo di Paolini.

«Fu una strage industriale per mano dell’uomo»

«È un’azione di teatro civile, mai successa prima in Italia. Quella del Vajont è stata una strage industriale per mano dell’uomo. L’unico responsabile. Si è tentato di farla passare come un cataclisma naturale ma non è stato così», dice l’attore Pietro Sermonti, classe 1971, promotore dell’evento romano, insieme alla collega Laura Adriani (liberamente aperto al pubblico).

Un minuto di silenzio

VajontS 23 sarà come un canovaccio libero a una riflessione collettiva. «Ascoltai in tv quell’orazione civile e ne rimasi folgorato. È stata centrale per la mia formazione. Paolini è come Bruce Springsteen. Ci siamo divisi quel testo. Sul palcoscenico ci sono anche foto, illustrazioni e la musica. Da cittadino metropolitano, cresciuto su un parquet e non tra le montagne, sembro così distante da quel mondo, eppure il Vajont è come una parabola biblica — spiega — . La rappresentazione perfetta di cosa sia il male, che noi raccontiamo anche con il riso, in una sorta di catarsi». Lo spettacolo che tiene viva la memoria, diventa una nuova visione sul futuro. «Storie come quelle del Vajont, di negligenze, errori e mancanza di prevenzione, aiutano a mettere insieme le persone. E è decisivo farlo conoscere ai ragazzi — continua —. Invita a svegliarsi e a non distrarsi. Non possiamo non imparare la lezione. E alle 22.39, l’ora in cui la montagna franò nella diga, ci fermeremo per un minuto di silenzio che attraverserà tutta l’Italia».

«È come se lo avesse scritto papa Francesco»

Anche il papa ha voluto aggiornare l’enciclica eco-sociale «Laudato sì», parlando di mondi che si stanno sgretolando e di cambiamento climatico, puntando a smuovere le coscienze dei potenti. «Sembra di leggere il programma di sala del Vajont. È come se lo avesse scritto papa Francesco. Ha detto che è impossibile negare l’origine antropica del cambiamento climatico. È colpa dell’uomo che pretende di sostituirsi a Dio e diventa il peggior pericolo per se stesso. Un assassino, com’è successo 60 anni fa», sottolinea.

«Importante unirsi affinché la storia non si ripeta»

Ci sono voluti anni per conoscere la verità: «Non ci interessa più puntare il dito. È importante unirsi affinché la storia non si ripeta mai più. Facciamo rete sociale con i cittadini. Non siamo scienziati, né politici ma possiamo attivare l’algoritmo dei sentimenti, che ci rende unici».

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