Lunedì 9 ottobre andrà in scena la rappresentazione nel 60° del disastro. Ferigutti: «Positivo che ci sia più offerta. Non c’è alcuna concorrenza tra Fondazione e SlowMachine»

Marco Paolini

VajontS 23 su due palchi la stessa sera. Nel giorno sessantesimo anniversario della tragedia del 9 ottobre 1963, lo spettacolo scritto da Marco Paolini e Marco Martinelli andrà in scena alle 21, al teatro Comunale a cura di Fondazione Teatri delle Dolomiti e all’Hangar 11 di via Tiziano Vecellio con Slow Machine. L’orazione civile corale coinvolgerà in contemporanea oltre 150 teatri e piazze, non solo in Italia, ma anche nel resto d’Europa.

E tutti si fermeranno alle 22.39, il momento in cui la frana del monte Toc precipitò nel lago artificiale della diga, provocando la morte di duemila persone e cancellando il paese di Longarone.

Il presidente della Fondazione Teatri delle Dolomiti, Massimo Ferigutti aveva posto tra gli obiettivi quello di coinvolgere le associazioni culturali del territorio, spingendole a lavorare insieme. La collaborazione con alcune di queste ha dato come frutto la costruzione di questo spettacolo, all’interno della manifestazione “Oltre le Vette”: «Saremo in scena in contemporanea con più di cento altre località e si annuncia come un’esperienza molto suggestiva e coinvolgente, nel ricordo delle vittime della tragedia», anticipa Ferigutti, «anche perché c’è un testo di Paolini e Martinelli, ma è possibile riadattarlo e interpretarlo. In altre parole, esiste una sorta di canovaccio, sul quale è stato possibile lavorare. Noi abbiamo deciso di affidarci a delle compagnie amatoriali, invece di puntare sugli attori professionisti, perché crediamo che sia questa la formula giusta, per accontentare lo spettatore».

A poche centinaia di metri, negli spazi della vecchia caserma Piave, la rappresentazione allestita da Slow Machine: «Il fatto che ci sia una maggiore offerta, a mio avviso, è un fatto positivo. Non c’è alcun tipo di competizione o di concorrenza con Slow Machine. Noi abbiamo fatto quello che potevamo, compiendo un certo tipo di scelta e gli interessati alla rappresentazione sono liberi di venire al Comunale o andare all’Hangar. Non c’è alcun tipo di polemica, ci mancherebbe altro, a maggior ragione per un evento come questo».

Slow Machine ha seguito una politica diversa, a sentire il direttore artistico Rajeev Badhan: «Noi ci siamo mossi in maniera autonoma, dopo esserci confrontati con Marco Paolini. Il Comunale era già occupato, di conseguenza abbiamo deciso di andare in scena sul palcoscenico dell’Hangar. Sarà un momento di riflessione, oltre che un modo d’imparare, come diceva Tina Merlin, la giornalista bellunese , che si è occupata del caso Vajont sulle colonne del giornale L’Unità e nel suo libro “Sulla pelle viva”. Ci abbiamo senz’altro messo del nostro, come prevedono anche i due autori Paolini e Martinelli e il risultato sarà presto davanti agli occhi degli spettatori. Siamo convinti di aver fatto un buon lavoro».

Mentre la Fondazione Teatri delle Dolomiti punta sulle compagnie amatoriali, «Slow Machine mette in scena i lavoratori dello spettacolo, cioè attori che lo fanno di mestiere e, naturalmente, hanno bisogno di lavorare. Curo personalmente la regia, ci sono gli attori e c’è chi si è occupato delle musiche, Non facciamo parte della cordata delle Dolomiti . Ci stiamo occupando del festival Vertigini 2023, dopo di che ci dedicheremo al racconto corale suo Vajont».

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