RUMOR(S)CENA – VAJOINTS23 – Ore 22.39 del 9 ottobre del 1963: un blocco di 400 metri si stacca dal Monte Toc  ( situato tra la provincia di Belluno e Pordenone) provocando una frana di 270 milioni di metri cubi di roccia che sprofonderà in pochi istanti nel lago artificiale alla velocità di 100 chilometri orari. Si consuma così in pochi istanti la tragedia della diga del Vajont. Una tragedia annunciata e denunciata dagli stessi abitanti, inascoltati da chi poteva evitare la strage, di quasi duemila abitanti di Longarone. Due onde gigantesche alte più di 250 metri, provocate dalla roccia franata, scenderanno a valle in pochi istanti, devastando il territorio, ma risparmiando i due paesi di Casso ed Erto.  Per il 60esimo anniversario in cento teatri italiani il 9 ottobre  verrà rievocata contemporaneamente  la drammatica storia che sconvolse l’intera Italia, dal titolo VajontS per una Orazione Civile Corale. Nei teatri di tutta Italia e anche all’estero, ma anche luoghi diversi come scuole e centrali idroelettriche dove avrà luogo una commemorazione messa in scena da tutte le maestranze che lavorano in ambito artistico.

Alle 22.39, ora del disastro, ogni rappresentazione si fermerà in segno di lutto e rispetto per le vittime.  La prima rappresentazione dedicata al Vajont risale al 1993 quando Marco Paolini e Gabriele Vacis realizzarono per la televisione “Il racconto del Vajont” che ebbe un successo straordinario. L’attore e narratore ritorna sulle scene, questa volta a teatro, con la collaborazione di Marco Martinelli, drammaturgo e regista del Teatro delle Albe e a Torino da giovedì 5 a lunedì 9 ottobre 2023, in apertura della programmazione del Teatro Gobetti, va in scena in prima nazionale, per la Stagione 2023/2024 dello Stabile di Torino, VajontS23, libera reinterpretazione de Il racconto del Vajont di Marco Paolini e Gabriele Vacis, con il contributo di Marco Martinelli.  In scena Davide Antenucci, Andrea Caiazzo, Pietro Maccabei, Eva Meskhi, Erica Nava, Enrica Rebaudo, Edoardo Roti, Giacomo Zandonà e lo stesso  Marco Paolini in scena sabato 7 ottobre. La scenofonia e gli ambienti sono di Roberto Tarasco, il suono di Riccardo Di Gianni.  Lo spettacolo è prodotto dal Teatro Stabile di Torino – Teatro Nazionalein collaborazione con PEM Impresa Sociale e fa parte del progetto VajontS23 di Marco Paolini per La Fabbrica del Mondo realizzato in collaborazione con Jolefilm e Fondazione Vajont. «Quella del Vajont – spiega Paolini – è la storia di un avvenimento che inizia lentamente e poi accelera. Inesorabile. Si sono ignorati i segni e, quando si è presa coscienza, era troppo tardi. In tempo di crisi climatica, non si possono ripetere le inerzie, non possiamo permetterci di calcolare il rischio con l’ipotesi meno pericolosa tra tante. Tra le tante scartate perché inconcepibili, non perché impossibili»

Anche il Teatro Stabile di Bolzano aderisce con una rappresentazione al Teatro Comunale di Gries lunedì 9 ottobre alle 20.30, guidati dall’attrice e formatrice Flora Sarrubbo, ragazze e ragazzi saranno protagonisti di due recite : un matinée per le scuole alle 11.00, cui assisteranno oltre 300 alunne/i, e uno spettacolo serale alle 20.30 ad ingresso gratuito.

Al Teatro Cristallo di Bolzano alle 21 lo spettacolo “Vajont” di Marco Paolini con il testo e la narrazione sul “risvolto” locale di e a cura di Alessandra Limetti, sulla valanga della Marmolada del 2022 – Compagnia Guildy, regia Alice Ravagnani.

il Cada Die Teatro di Cagliari  integrerà la storia del Vajont con i fatti legati all’isola della Sardegna, richiamando sì l’acqua, ma anche il fuoco e gli incendi. La compagnia cagliaritana aderisce con una serata di laboratorio aperta agli allievi della scuola di arti sceniche La Vetreria che assisteranno all’azione corale “Comare Abba, cumpare Fogu”di e con Pierpaolo Piludu e Mauro Mou. Sul palco anche Alessandro Mascia, Francesca Pani e Silvestro Ziccardi, autore delle musiche con Matteo Sanna. Le luci sono di Giovanni Schirru. Sarà l’occasione per rammentare quanto accaduto nell’ottobre del 1951 nei paesi di Gairo e Osini, a Capoterra nel 2008 e, più recentemente, nel 2021 nel Montiferru. Ma sarà soprattutto un modo per stimolare l’attenzione verso un necessario cambiamento di passo nelle politiche di gestione del territorio.

Mariangela Gritta Grainer nella sua rubrica “Dalla parte di Lei” pubblicata in www.articolo21.org rievoca la figura di Tina Merlin, giornalista che si prese a cuore la vicenda tragica del Vajont per denunciare le gravi responsabilità di chi aveva fortemente voluto la costruzione della diga senza ascoltare i ripetuti appelli che segnalavano l’estrema pericolosità. “La giornalista Tina Merlin, che lavorava per il quotidiano comunista l’Unità, descrisse con una serie di articoli la preoccupazione generale e lo strapotere della SADE. L’azienda accuserà la Merlin di diffondere notizie false per turbare l’ordine pubblico, ma il tribunale di Milano la assolverà, stabilendo che i suoi articoli non riferivano nulla di falso. « Tina Merlin l’ho “incontrata” la prima volta con le parole del mio professore di storia e filosofia. Nell’ottobre 1963 frequentavo la quarta liceo scientifico a Brescia. Nei giorni del Vajont il prof arrivava con l’Unità e raccontava, ci faceva leggere gli articoli di Tina, ce la proponeva come un esempio. Così, quando me la presentarono una decina di anni dopo a Vicenza, sapevo già che era una donna coraggiosa e una giornalista di talento. (…)

Ho scoperto la complessità e la grandezza di una donna che non è solo QUELLA DEL VAJONT di Adriana Lottoche di Tina tratteggia “un ritratto mosso, poco idealizzato … i lineamenti di una donna del Novecento che del Novecento ha vissuto con passione e ragione gran parte delle vicende più importanti”. L’autrice  cita Tina Merlindal suo libro “Sulla pelle viva”: «… Il 9 ottobre 1963 è una stupenda giornata di sole. …Sono le 22,39. Un lampo accecante, un pauroso boato. Il Toc frana nel lago sollevando una paurosa ondata d’acqua. Questa si alza terribile, centinaia di metri sopra la diga, tracima, piomba di schianto sull’abitato di Longarone, spazzandolo via dalla faccia della terra. A monte della diga un’altra ondata impazzisce violenta da un lato all’altro della valle risucchiando dentro il lago i villaggi di san Martino e Spesse. La storia del ‘grande Vajont’, durata vent’anni, si conclude in tre minuti di apocalisse, con l’olocausto di duemila vittime.” (…) Il “giudice del Vajont” Mario Fabbri il 21 febbraio 1968 deposita la sentenza istruttoria che si apre con parole altrettanto forti, dalla Genesi: ” In quel giorno le acque irruppero (…), ingrossarono e crebbero grandemente e andarono aumentando sempre più sopra la terra (…) e sorpassarono le vette dei monti (…). E ogni carne che si muoveva (…), tutto quello che era sulla terra asciutta e aveva alito vitale nelle narici, morì…”. A sottolineare quanto immane e grave fosse la tragedia. L’ accusa formulata: “disastro colposo di frana aggravato dalla prevedibilità dell’evento, inondazione e omicidi colposi plurimi”.

“Il giudice istruttore segnala anche la collusione tra i tecnici dell’Enel-Sade e i funzionari ministeriali tramite pressioni e scambi di favori. Tina Merlin aveva ragione fin da quando fu denunciata insieme all’Unità nel 1959 per un articolo dal titolo “La SADE spadroneggia ma i montanari si difendono”. Racconta di 130 capifamiglia, uomini e donne, che si sono consorziati per difendersi dai soprusi della SADE, dagli espropri selvaggi delle terre. Racconta che le preoccupazioni degli abitanti del comune di Erto sono aumentate: la domenica di Pasqua del 1959 Arcangelo Tiziani, sta ispezionando i pendii attorno al lago artificiale a Forno di Zoldo, quando una grossa frana …“tonfa dentro l’acqua e si porta via l’operaio …”. Il suo corpo non sarà mai ritrovato. L’accusa: aver fornito notizie false e tendenziose atte a turbare l’ordine pubblico. Il tribunale un anno dopo sentenzia che i fatti denunciati erano veri, che il pericolo c’era ed era grave. Ma chi considerava un articolo sull’”Unità” più pericoloso di una frana grossa come una montagna restò inerte.

Chi doveva trarre le conseguenze dalla sentenza non mosse un dito anzi autorizzò la SADE a proseguire nella costruzione della diga mortale (inaugurata il 17 ottobre 1961): la SADE era il burattinaio che tirava i fili, scienziati e politici, i suoi burattini. E non scriveva certo contro il progresso, Tina, ma “contro chi in nome del progresso si riempiva il portafoglio a spese altrui” e metteva a repentaglio la vita delle persone. “Tutti sapevano, nessuno si mosse”, poté scrivere il giorno dopo il disastro Tina Merlin. Gli altri giornali che mai avevano denunciato il grave pericolo, arrivarono a piangere sui morti, sostenendo che si era trattato di un’imprevedibile catastrofe naturale. Come continua a fare Il Gazzettino con un articolo di Carlo Nordio nel 58° anniversario della tragedia, tentando di collocarsi a metà strada tra le due “verità” fin dal titolo “Quella frana sul Vajont che ancora divide l’Italia”: la risposta di Toni Sirena è chiara e netta. Si dice che dopo la tragedia gli abitanti non accolsero i giornalisti venuti da ogni dove ma solo Tina: gli uomini, davanti a lei, si toglievano il cappello e le donne l’abbracciavano piangendo. Il percorso giudiziario sarà lungo e tormentato a partire dal 10 maggio 1968, quando la Cassazione trasferisce il processo a L’Aquila “per legittima suspicione”.

La sentenza definitiva arriva il 25 marzo 1971, quindici giorni prima della prescrizione; con pene lievi agli imputati ma riconoscendo la prevedibilità dell’evento e la loro responsabilità per disastro colposo di frana inondazione omicidi colposi plurimi. Mariangela Gritta Grainer cita anche un fatto accaduto molto emblematico che testimonia come la tragedia era annunciata e le responsabilità di chi non fece nulla per evitarla. «Su “Rinascita” Tina, indomabile, il 28 dicembre 1963 racconta il cinismo della SADE e di come ottenne la concessione per lo sfruttamento delle acque del Vajont. …Il decreto porta la data dell’ottobre 1943. L’Italia era precipitata nel caos.

A Roma, in quei giorni gli ebrei venivano rastrellati dai tedeschi. Nulla più era efficiente. Le donne italiane rivestivano di abiti borghesi i soldati fuggiaschi per sottrarli alla cattura. L’unica cosa valida di quei momenti erano i gruppi antifascisti che si andavano organizzando per la lotta partigiana. Eppure, dentro il ministero dei Lavori Pubblici di Roma, la SADE trovò o pagò un funzionario disposto a mettere un timbro e una firma di un ministro fasullo sotto la concessione. … Mentre il popolo italiano pensava ad organizzarsi e a lottare per la liberazione del paese, moriva per i propri ideali di democrazia e di giustizia sociale, la SADE maneggiava nei ministeri, imbrogliando le carte, per non perdere quella che credeva l’ultima partita. Il Vajont aveva avuto un assurdo inizio prima di avere una tragica fine”. Questo episodio vergognoso era stato confermato con imbarazzo dal ministro dei lavori pubblici Fiorentino Sullo durante la vivace seduta della Camera dei deputati del 15 ottobre 1963 sull’ interpellanza presentata dall’on. Franco Busetto del Pci. Franco Busetto (e poi Mario Alicata, direttore dell’”Unità” 1962- 1966) ricorderà, nella stessa seduta, l’impegno assiduo appassionato di Tina con i suoi tantissimi articoli prima e dopo il 9 ottobre 1963. Un importante riconoscimento: Tina collabora con L’”Unità” da quando vinse un concorso sulle donne nel 1951 ma sarà assunta solo nel 1972. Fa una rivelazione importante, l’on. Busetto:“ … il signor Lucio Rizzato, un tecnico dell’Università di Padova è stato perquisito e arrestato nella notte ed è in carcere su denuncia del professor Augusto Ghetti, titolare della cattedra di idraulica alla medesima Università e consulente della SADE. … L’accusa: aver sottratto documenti riguardanti gli impianti del Vajont”.  «Si tratta di un documento che descrive l’esito della simulazione (su modello in scala 1:200) per valutare gli effetti di un’eventuale frana nel lago serbatoio del Vajont. La relazione è redatta e firmata il 3 luglio 1962 proprio dal professor ing. Augusto Ghetti. Contiene elementi che sono stati taciuti e di estrema gravità: dimostrano che la SADE e l’ENEL sapevano quello che sarebbe potuto succedere. Con questa “sottrazione” il documento potrà essere consegnato alla Commissione parlamentare d’inchiesta che però sosterrà a maggioranza l’imprevedibilità dell’evento».

Un particolare ringraziamento a Mariangela Gritta Grainer per aver concesso la pubblicazione di estratti dalla rubrica “Dalla parte di Lei” (www.articolo21.org)

 

l’elenco di tutti i teatri e associazioni culturali artistiche che partecipano al progetto La Fabbrica del Mondo per #Vajonts23 La rete di VajontS 23 – La Fabbrica del Mondo

Sul sito www.lafabbricadelmondo.org è possibile trovare la mappa completa dei gruppi che hanno aderito e dei luoghi in cui VajontS 23 andrà in scena il 9 ottobre.

La rete di Vajonts 23 nasce da un’idea di Marco Paolini per Fabbrica del Mondo ed è realizzata da Jolefilm con la collaborazione di Fondazione Vajont.

Per informazioni: contattaci@lafabbricadelmondo.org

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