L’’appello lanciato da Marco Paolini, a trent’anni dal suo storico spettacolo e a sessant’anni dalla frana che costò la vita a 2000 persone, diventa la più grande “azione corale di teatro civile”, accolta da 180 teatri d’Italia. “VajontS23”, grande progetto politico e civile ideato da Paolini, non poteva che approdare ai quattro teatri di Casa del Contemporaneo.

“VajontS23”, curato da Marco Paolini per La Fabbrica del Mondo, coinvolge grandi attori e allievi delle scuole di teatro, teatri stabili e compagnie di ricerca, maestranze e spettatori, che si ritrovano nei posti più diversi, dal Piccolo di Milano alle sale fuori circuito.

Il 9 ottobre del 1963, 60 anni fa, si consumò tra le valli del Vajont e del Piave un’immane tragedia. Quella sera alle ore 22.39, una massa franosa di circa 270 milioni di metri cubi di roccia precipitò alla velocità di 90 km orari nel lago formato dalla diga del Vajont. Un intero versante del monte Toc franò  nel bacino. Morirono 2000 persone.

Il processo penale finì nel 1971 con due sole condanne e moltissime assoluzioni. Il processo civile si concluse solo nel 1997. Oggi lo spettacolo “VajontS23” coinvolge  oltre 4 mila narratori e 30 mila spettatori, tutti fermi alle ore 22.39, per ascoltare in silenzio i rintocchi della campana di Longarone. Riflettere può diventare un modo per attuare “pratiche di prevenzione civile”.

Il pubblico, prima di entrare in sala, assiste ad una videoproiezione sui rischi della cattiva gestione delle risorse idriche, che tante morti e devastazioni ha procurato in Italia. E in teatro apre il lavoro un videomessaggio di Padre Alex Zanotelli.

Rosario Sparno cura la regia di tre letture sceniche, con un serrato dialogo tra attori ed esperti, l’attore Luca Iervolino e il divulgatore scientifico Massimo Ruccio. Rosario Sparno afferma: “Parliamo di un omicidio di massa.  Un omicidio di Stato. Quella del Vajont non è una storia che appartiene al passato. Ma è il nostro presente. Ogni volta che c’è la cosciente e colpevole sottovalutazione di un rischio a discapito del bene comune e delle vite umane, abbiamo un Vajont. Un omicidio, che è il risultato del nostro approccio superbo e arrogante con la natura”.

Vengono i brividi a rivivere il racconto di quel giorno drammatico e le successive ferite inferte al Paese da “padroni del vapore” attenti solo al guadagno, indifferenti al grido della natura, alla vita umana. Bene ricordare, e farlo attraverso il teatro, vero spazio di coscienza civile, tra gli ultimi barlumi di umanità ritrovata.

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